
Calcolare significa passare da dati iniziali a risultati finali che soddisfino certe condizioni risolutive, ma dati e risultati sono sempre esprimibili con "parole" in un qualche linguaggio di rappresentazione dell'universo in cui si opera. Le molecole di DNA si possono assimilare a parole doppie, costruite a partire da quattro simboli: A,T,C,G che sono le basi azotate. Quindi calcolare con il DNA significa sviluppare calcoli su parole di DNA, ovvero stringhe costruite sulle quattro lettere A,T,C,G.
I componenti di questo tipo di architettura sono quindi gli enzimi, che svolgono il ruolo di hardware, e il DNA, che costituisce il software.
Tutto questo è stato messo in pratica da un esperimento ideato nel 1994 dallo scienziato Adleman, che riuscì a risolvere un semplice algoritmo.
Qualora tale tecnologia si rivelasse corretta e usabile, si potranno avere computer dalla potenza di calcolo inimmaginabile e dai consumi minimi e questo consentirà di sviluppare forse tutti quei campi che oggi procedono molto lentamente, come l'intelligenza artificiale, le nanotecnologie molecolari autorigeneranti e i biochip impiantabili nel corpo umano.
Per concludere, il DNA Computing, dalla soluzione in provetta di problemi combinatori, agli algoritmi biomolecolari, alla analisi computazionale di protocolli biomolecolari e fenomeni genetici, fino agli automi DNA, apre scenari di grande interesse sia teorico che applicativo, mostrando possibilità sperimentali del tutto imprevedibili per l’informatica e nuovi strumenti informatici e matematici al servizio della biologia.
Marco Ruberto
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